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VIA TEMPI MODERNI
PUNTA ROCCA - MARMOLADA
ITALIA




Parete Sud

Prima "Free Solo"
A questo momento Maurizio sta pensando da molto tempo e adesso avverte un senso di disagio che non è paura e non è stanchezza, ma una sorta di seduzione dall'alto che proietta in uno spazio incalcolabile turbamenti e tentazioni, per annullarli poi nell'unica certezza valida, riportando tutto entro un metro di roccia sulla quale deve misurare se stesso a mille metri da terra. La giornata era cominciata sotto un cielo azzurro, limpidissimo, il tempo ideale per un'arrampicata ai massimi livelli. Maurizio Giordani e Rosanna Manfrini, compagna inseparabile anche sul sesto grado, escono dal rifugio Falier la mattina del 19 agosto 1985. Lei con un grosso binocolo e lo zainetto carico di teleobiettivi. Accompagna Maurizio ai piedi della parete, poi torna di là, sui gradoni dell'Ombrettòla da dove il grande anfiteatro della Sud appare in una sequenza gigantesca di lunghe ombre grigie,
lastroni gialli, guglie, pilastri. Maurizio risale gli ultimi ghiaioni sotto l'attacco: sacchetto di magnesio, casco, scarpette d'aderenza sono lo striminzito abbigliamento da salita, niente corda, niente chiodi; poi uno spolverino e scarpe da ginnastica che infilerà lungo la ferrata di ritorno. Sulla via dei «Tempi Moderni», con la quale Heinz Mariacher e Luisa Jovane hanno aperto nell'estate del 1982 un nuovo paradiso in Marmolada, l'alpinismo sta rinnovando le idee; ed ecco che l'intuizione di Mariacher sulla scalata pura lancia questo confronto a distanza, raccolto ora in una splendida giornata di sole: una ripetizione in libera integrale, senza mezzi di progressione, senza protezioni, quasi una sfida alla massima concentrazione, la prova che si può salire una parete di mille metri con difficoltà altissime in uno stile il più pulito possibile, servendosi cioè soltanto delle mani
e della testa. La svolta, forse storica, è qui; e qui, verso il punto chiave dei «Tempi Moderni», bisogna avere la «certezza assoluta di quello che si fa, niente può essere istintivo affrettato, legato all'impulso; solo allora il margine di rischio in quella follia che potrebbe essere il trovarsi appesi alle sole mani a centinaia di metri da terra senza la minima possibilità di proteggersi, riposare o avere aiuto da qualcuno, appare notevolmente calcolato, quindi contenibile». Adesso i fori si fanno più distanti fino a perdersi sotto un tetto, un metro e mezzo oltre la perpendicolare. Non si vedono vie d'uscita, forse c'è la possibilità di buttarsi fuori, c'è da sperare soltanto in un appiglio oltre l'orlo della roccia. Maurizio vive ora il punto di incontro ideale, sente la pulsazione lenta e perfetta, quel filo sottile, impalpabile, che unisce il livello fisico, di preparazione atletica e muscolare, a quell'altro anello del pensiero, quella forza che è autocontrollo, «capacità estrema di concentrazione su ogni movimento e nel momento di massima difficoltà». Quando esce sulla cresta della Marmolada, quasi a toccare un pezzo di cielo, si siede provato. Sono passate 4 ore e 5 minuti da quando ha messo le mani sul primo pezzo di roccia, ottocento metri più in basso. Sotto, la grande parete spalanca il suo vuoto su una valle che ruba poco verde a un'enorme colata di pietra; poi i ghiaioni, dove la roccia si attacca alla terra per un amore antichissimo e scolpisce una storia alpinistica fatta di lunghe esplorazioni e di grandi speranze. Adesso è come uscire dalle conquiste storiche per darsi un futuro nuovo, di grande fantasia, fino a scoprire ogni minima piega di quest'enorme crosta spugnosa di calcare esploso dal mare duecento milioni di anni fa.











 
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